Il km 0 è uno dei comandamenti del nuovo pensiero in cucina. Secondo questa visione, il cibo da consumare dovrebbe aver percorso meno chilometri possibili. Questa dottrina che ha tanti profeti oscura nuove scuole di pensiero che parlano, invece, di Regionalismo critico, un approccio derivato dall’architettura moderna (Kenneth Frampton coniò questo termine per definire un approccio al costruire che tenesse conto delle specificità locali senza rinunciare agli insegnamenti della modernità) applicato ad una cucina che prova ad usare prodotti locali senza cadere in un’imitazione vernacolare. Il Regionalismo critico mira ad inserire ingredienti volutamente di contrasto all’interno di un piatto anche tradizionale per esaltarne le caratteristiche. Il risultato sono composizioni moderne e ardite in un dialettico rispetto della tradizione: pizze con coppa di suino dei Nebrodi accompagnato da cioccolato cubano, per esempio, che ne equilibra il sapore. Mozzarella di bufala siciliana abbinata a una lussuriosa spruzzata di rafano giapponese. Crema di capperi eoliani risvegliata da un intenso aroma di caffè colombiano. All’interno di questa visione, la Corte dei medici costruisce ogni proposta del menù come un’architettura consapevolmente indirizzata: la ricetta non è più un oggetto culturalmente isolato, ma valorizza gli ingredienti specifici di un territorio lavorando sulla dissonanza generata da inserti alieni. In questo modo, complice una sorta di cortocircuito culturale e sensoriale, si allargano gli orizzonti della mente e si affinano le spie del gusto. Questa proposta, guidata da curiosità intellettuale e da interesse costante per il territorio, troverà solo critici o anche qualche estimatore? Il seguito di questa storia lo racconteremo sul blog, sito in cui non troverete le solite ricette, ma vi imbatterete nella ricerca della sfida, perché no, anche in cucina, immaginando, ad esempio, una golden pizza con caviale, panna acida ed erba cipollina, uno vero spettacolo!