Francesco Alliata e il cinema subacqueo

Francesco Alliata (Palermo, 1919) regista e produttore, con gli amici Pietro Moncada, Quintino di Napoli e Renzo Avanzo, ha dato vita ad una delle più strane e curiose avventure cinematografiche a memoria d’uomo. In piena guerra, impossessatosi delle tecniche di ripresa durante i bombardamenti alleati, Francesco Alliata decise di realizzare il primo documentario subacqueo della storia, desiderio che nasceva dall’essere, insieme ai suoi conpagni di avvenuture, un patito delle immersioni.  Dopo aver trovato un modo per rendere impermeabile la cinepresa girò, alle isole Eolie, 3000 metri di pellicola, incerti sul risultato che avrebbero ottenuto. Ritornati in città, scoprirono con grande gioia che l’esperimento era andato al di là di ogni aspettativa. Le riprese erano ottime e si cercò un possibile montatore. Non abbiamo detto che Renzo Avanzo, uno dei compari, era sposato con la sorella di Luchino Visconti ed era, a sua volta, per parte di madre, imparentato con Roberto Rossellini. Come si vede, la vicenda, retta da fili invisibili, si fa sempre più intricata. Grazie ai buoni uffici di siffati parenti e affini, i nostri riescono ad avere al montaggio Carlo Alberto Chiesa, molto noto all’epoca. Risultato: al festival di Cannes nel 1947, il piccolo documentario “Cacciatori sottomarini” (appena 12 minuti) ebbe un sonoro successo. Da lì nacque l’idea di fondare la Panaria Film, casa di produzione cinematografica. Nel 1948, il primo film “Vulcano”, girato dal regista americano William Detierle, portò la neonata ditta al centro del gossip perché era noto che Rossellini (che avrebbe dovuto dirigere il fim in questione) aveva riadattato il soggetto per Ingrid Bergman, sua nuova fiamma, con il titolo “Stromboli”. Ma non finisce qui. Sempre con la Magnani, allora una star (con compensi degni di tale status), fu realizzato “La carrozza d’oro”, una pellicola dai costi esorbitanti (primo esperimento in technicolor e in cinemascope), raffinata e non facile, che pose fine alla corsa per la Casa di produzione sicula, dopo 30 documentari e sette film. Un bilancio, da un lato, amaro, dovuto, forse, ad una certa ingenuità, ma che, d’altro, nulla toglie alla grande capacità progettuale e realizzativa di un grande imprenditore che, finalmente, negli ultimi decenni, ha avuto attenzione e meritati riconoscimenti.