Alice Bonaccorsi, proprietaria dell’azienda Valcerasa, una realtà piccola ma che produce vini molto quotati in una delle zone più vocate dell’Etna, è venuta a trovarci alla Corte dei medici per raccontarci del suo lavoro e dei suoi progetti futuri.
Cara Alice, come è iniziata la tua avventura nel campo della produzione del vino?
Valcerasa era il luogo dove mio padre aveva il suo vigneto con casa e bosco. Aveva comprato questo terreno perché amava la caccia. Ma la sua professione, era medico, gli consentiva di dedicarsi a questa attività solo nel weekend. Ma questa scelta lo avrebbe portato a trascurare la sua famiglia. Da qui la decisione di acquistare una casa che gli avrebbe permesso di averci vicino e di dedicare tempo a se stesso. Nel 1997, partendo dalla premessa che sono laureata in Agraria, ho cominciato una piccola produzione: Etna rosso ed Etna bianco. C’è anche un risvolto comico. Ho avuto problemi legali perché, secondo le autorità competenti, il nome Valcerasa avrebbe potuto trarre in inganno il consumatore, richiamando il Cerasuolo. Ma ho dimostrato che era solo il nome della proprietà.
Ma la prima produzione quando comincia?
Come ti dicevo, fine anni Novanta, ho iniziato a vinificare grazie all’incontro con il mio futuro marito che mi ha sostenuto nell’attività imprenditoriale. Portavo l’uva presso le cantine Benanti e ho potuto contare sulla consulenza, come enologo, di Salvo Foti. Nel 1999 ho partecipato al primo Vinitaly.
Com’è andata?
Un importatore ha comprato tutta la nostra produzione. Il primo Etna che è arrivato in USA è stato il mio.
Un vero e proprio strike al primo colpo.
Sì, ma mi ha messo davanti ad un problema. La vigna era troppo piccola, la produzione risicata. Per crescere era necessario pensare più in grande e rischiare (mentre racconta, Alice ha aperto una meravigliosa bottiglia di Etna rosso di sua produzione che stiamo gustando con due pizze degne di una tale bontà)
Hai pensato di comprare un altro terreno?
– Alice sorride – Detto così sembra semplicissimo, ma ti assicuro che abbiamo girato un bel po’ ma la scintilla non scoccava finché non siamo arrivati a Crocemonaci, a Randazzo. Era, all’epoca, un terreno con una vigna abbandonata, incolta. Ma quando ho iniziato a camminare nella rasula centrale, ho provato una sensazione paradisiaca: ero sospesa nell’aria, immersa in quel meraviglioso paesaggio, e circondata da un silenzio perfetto.
L’avete comprata subito?
Sì, senza alcuna esitazione. C’è anche un risvolto divertente. Il sensale ci comunicò, come fosse una cattiva notizia perchè la trattativa riguardava il terreno, che la proprietà era dotata anche di una casa che diminuiva la supeficie del terreno…figurati, per me è un luogo magico dove recupero forza e benessere.
Dopo anni, pensi di aver raggiunto una dimensione soddisfacente di superficie coltivata?
Siamo partiti da 3 ettari e mezzo. Oggi abbiamo circa 15 ettari perché, man mano, abbiamo comprato le proprietà limitrofe in vendita.
Cosa ti ha affascinato del luogo, al di là della la sensazione magica che hai provato?
Guarda un altro episodio per me straordinario è questo: dopo essere diventata la proprietaria del terreno, ho fatto esaminare le piante. Tutti mi dicevano di eliminare la vecchia coltivazione, ormai inselvatichita e rovinata, e di sostituirla con piante giovani e vigorose. Ma io non l’ho fatto. Ho ricavato da quelle vecchie gli innesti per la nuova vigna e ho potuto scoprire che, tra questi, oltre al Nerello mascalese e al Nerello cappuccio, vi erano anche piccolissime quantità di Alicante e di Bracaù, un vitigno storico ormai quasi perduto. La presenza di queste varietà danno al mio vino le sue caratteristiche particolari.
Il tuo vino è biologico?
La vigna è certificata Bio da un ente di Certificazione Biologica Nazionale che è ICEA.
Sull’ uva uso solo zolfo ramato e antagonisti naturali come l’Ampelomices.
Per questo motivo, credo, appena pigio l’uva, quest’ultima subito fermenta. Non uso lieviti selezionati per innescare il processo fermentativo. Oggi, non utilizzo lieviti neppure per il bianco. Fino al 2008 ne usavo uno neutro. Sono contraria ai lieviti industriali profumati che omologano prodotti e gusto. Quello neutro mi sembrava un compromesso accettabile. Poi è accaduta un’apparente catastrofe che ha rappresentato la svolta che aspettavo.
Ma in questa vigna succedono eventi veramente soprannaturali!
Nel 2009, abbiamo messo, come sempre, l’uva in pressa che è una fase delicatissima e molto lunga. A quel punto…. è mancata la corrente! Dopo aver cercato per ore di risolvere il guasto, abbastanza preoccupati ma impotenti, siamo andati a casa. Il giorno dopo, ritornati per valutare il disastro, aperta la pressa, ci siamo accorti che al contatto con le bucce la fermentazione era già iniziata.
Da lì ho capito che per ottenere un buon esito, anche sui vini bianchi, non era necessaria alcuna sostanza ma si poteva fare affidamento ai lieviti presenti sulle bucce.
Perché con il biologico è possibile utilizzare trattamenti chimici?
Nel caso della anidride solforosa, che è poi la responsabile dei mal di testa dopo una bevuta, ci sono dei limiti nettamente inferiori rispetto al convenzionale ma noi non tocchiamo neanche quelli!
Qual è l’obiettivo che hai raggiunto che ti rende fiera in modo particolare?
Essere entrata nel mercato degli Stati Uniti ed essere molto apprezzata. Mi trattano da diva…
Tappetto rosso, limousine e cene luculliane?
Ancora più bello! Mi chiedono gli autografi sulle mie bottiglie
In quali zone degli Usa vendi in particolare?
New York, ovviamente. Ma anche in Oregon, in Virginia, a Washington DC. Proprio lì Il nostro importatore si chiama Robert Kennedy. E’ venuto in cantina a trovarci nel 2013. Ha creduto in noi e nelle potenzialità del nostro vino e noi abbiamo avuto fiducia in lui. Ha fatto un lavoro straordinario che documentava mandandoci foto mentre faceva le consegne all’inizio anche in metro. Una persona fuori dal comune!
E in Italia e in Sicilia?
Vendo poco. Considera il 70% all’estero e il 30% in Italia.
Produci vino e sei donna. Pensi che questa circostanza ti dia una marcia in più?
No! Come prima risposta, ti dico che mi reputo fortunata perché ho un socio d’eccezione che è mio marito su cui posso contare pienamente come lui su di me. Senza il suo appoggio e la sua professionalità, non avrei avuto il coraggio di fare certi passi.
Ci sono altre donne nel tuo campo che apprezzi?
Tante….Maria Rita, Giusi, Stefy sull’Etna, ma anche Francesca, Marilina, Arianna….
Che differenze noti rispetto agli uomini?
Le donne sono più puntigliose, più precise.
Molti produttori siciliani hanno messo in produzione degli spumanti di successo. Avremo bollicine da firmare?
Alice sorride – Mi dispiace deluderti, ma non produrrò mai spumante. Quel tipo di produzione ha senso solo in terreni dove l’uva non matura bene.
Cosa c’è di nuovo in cantina in questo momento?
Ho prodotto di nuovo un vino che non producevo da 10 anni; 50% Cataratto e 50% Carricante (Rocca delle campane) . Altro progetto è quello di produrre un vino più giovane che possa anche costare meno.
Le tue figlie ormai sono grandi. Sono interessate alla vostra attività?
Sono molto interessate, ma più all’aspetto della comunicazione che a quello della produzione. Le porto spesso con me negli USA e si divertono tantissimo a incontrare i clienti e a discutere del vino…sono brave e competenti, malgrado la giovane età.
So che produci anche un rosato molto particolare…
Sì, l’ho chiamato Rossorelativo perché non si presenta con un colore rosato ma con quello di un rosso scarico. La Commissione l’ha bocciato con la dicitura “rivedibile” che ho messo pure in etichetta (ironica la ragazza). Mi sembrava un aggettivo ideale per definire la sua accattivante imperfezione.
Un abbinamento presentato con un tuo vino che ti ha lasciato a bocca aperta?
Il Crucimonaci, un cru di Etna rosso, con un babà, veramente sorprendente.
Pensi di aumentare ancora la tua produzione?
Sono arrivata a 35.000 bottiglie. Potrei arrivare a 50.000 con terreni in affitto, ma il mio vero obiettivo al momento è quello di diversificare la mia offerta.
A cosa stai pensando in particolare? Molte cantine, per esempio, si sono aperte agli incontri con i non addetti ai lavori, alle degustazioni.
Mi piacerebbe creare nella proprietà una foresteria per accogliere i turisti, offrire delle cene con degustazioni, una scuola di cucina. Sarebbe bello anche mostrare come si preparano il formaggio e la ricotta. Diventerebbe un modo per avvicinare alla cultura del vino persone ancora lontane ma curiose. Vorrei possedere anche un bell’allevamento di galline, lussuoso direi (davanti alla mia espressione sbalordita, Alice è costretta a frenare, tra le risate, l’entusiasmo).
Andrai a qualche manifestazione a breve?
Parteciperò al Vinitaly con l’Associazione Vi.Te., acronimo di Vignaioli e Territori.
Ci sono produttori naturali di tutta Italia e non solo.
Qual è il prossimo sogno di Alice Bonaccorsi?
Vorrei produrre un vino da meditazione, un ossidato, impresa non facile, perché questa caratteristica di solito è un difetto, ma bisogna andare oltre, credo, i soliti confini del gusto. In un vecchio libro ho trovato uno spunto che vorrei seguire. Non voglio dire di più per scaramanzia. Magari, te lo farò degustare!
Su queste parole si conclude l’intervista ad Alice Bonaccorsi che ringraziamo per la disponibilità, la cortesia e e per il magnifico dono (molto apprezzato) e attendiamo, con impazienza, di degustare il misterioso vino ossidato.