Vladyart: la follia del quotidiano

Vladyart (Catania, 1977) è un artista  visivo multidisciplinare che spazia dall’intervento esterno alla performance di strada, dal testo concettuale al video surreale, dall’istallazione minimale alla burla situazionista, il tutto comunemente senza permesso e nello spazio urbano. Vive tra l’Italia e la Svezia. Abbiamo avuto modo di conoscerlo e gli abbiamo chiesto di sottoporsi al rituale sorteggio delle domande e lui, con grande spirito. ha accettato.

Cosa pensi ora?  Sono accanto alla finestra e ho appena assistito al tramonto. Devo andare con il treno in un centro commerciale per comprare il mio regalo di Natale, un dono.

Amicizia. La si intende in modo diverso a seconda delle circostanze.  Ci sono gli amici dell’adolescenza. Amicizie che nascono sul lavoro. Non ci sono regole. Non mi piacciono quelle discussioni sul numero di amici. Mi reputo una persona dai sentimenti dinamici. Non mi piace, invece, l’idea della sopravvivenza dei rapporti a tutti i costi.

Canta una canzone. Mi piace Love Shack dei B-52’s. La musica segna il tempo e il passo dell’umanità. Mi piacciono i Pink Floyd, il punk e il postpunk. Ecco, i Joy Division e, certo, gli B-52’s. Non so suonare strumenti, ma non riesco a pensare l’arte senza musica.

Fai un disegno. Una spirale. Un cerchio. Una faccia come la disegna un bambino. Perché non ho più la necessità di dover dimostrare che so disegnare. La mia arte non prevede il disegno. E’ difficile trovarmi con la matita e il foglio.  Se devo comunicare  la mia idea a qualcuno, uso il computer.

Follia. Ho scritto due righe sulla follia. Si teme la follia e si teme la vergogna. A me colpisce – devo dire – la follia del quotidiano. Ho vissuto dal 2008 al 2016 in Sicilia e ho visto molta resistenza. Ma bisogna guardare a questo tema senza paura. Non esiste il mondo dei sani e quello dei folli.

Sembrava una brava persona- si dice dopo l’ennesima strage, Ma, secondo me, dietro i comportamenti più normali possono esserci quel lampo e quello scarto. Non mi impressiona la pazzia conclamata da cui sono stati ispirati alcuni artisti. La follia del singolo non mi interessa. Mi colpisce l’ossessione di una moltitudine: 100.000 persone con lo stesso paio di scarpe. La distopia della società e l’ipocrisia che si nasconde dietro.

Errore. Parola con uno scarso significato per me.   Non vorrei sembrare presuntuoso. L’errore, senza dubbio, esiste.  Mi reputo una persona sensibile e ho dei rimpianti. Magari per le relazioni che ho chiuso. Ma, nello stesso tempo, mi chiedo, ripensando al percorso che mi ha portato lì, se la mia decisione, alla fine, non sia stata corretta. Ecco, come regola di vita dico di non darsi troppe colpe. Ogni volta che ho dato una seconda chance, me ne sono pentito. Ogni volta che ho chiuso una situazione, anche non volendo, dopo ho sentito che il cambiamento mi aveva giovato. Mi allontano di impulso ma poi scopro di aver fatto bene.

Formazione. La formazione per un artista è benvenuta, ma non è necessaria – Vlady scandisce le parole perché sa di dire qualcosa di paradossale – . Ti prende anni, ti prosciuga il portafogli, ma, per quanto se ne possa fare a meno, io sono veramente contento di aver studiato all’Accademia a Milano. L’artista può permettersi il lusso di essere ignorante, ma per me è stato ed è fondamentale conoscere anche in modo esagerato, bulimico.

Roma. In generale, non mi fa venire in mente nulla, perché non la conosco bene. Non ho mai abitato lì. La bellezza di Roma a me sembra quella di  un soprammobile. Non la puoi negare, sia chiaro, ma non è  funzionale. La contempli, ma non ne diventi parte.  La Roma di Paolo Sorrentino, per carità struggente, è lì a dimostrarlo. Parto dal presupposto implicito – la voce di Vlady ha un tono pacato e sereno anche quando sa di provocare – che l’Italia non sia un paese contemporaneo.  Solo  Milano – Vlady   ha studiato e abitato lì per molti anni ndr – è, invece, una città che ti insegna a vivere nel 2016.  A Milano senti, forte, l’energia di questo tempo. La cultura di strada è fondamentale. Non è vero che, per viverci, devi essere ricco. Ci sono degli ambienti in cui puoi conoscere creativi, artisti e scrittori senza essere miliardario.

Famiglia. La mia è una famiglia piccola. Ho una sola sorella. Sono nato a Catania, ma non ho mai vissuto lì. Vivevo in un paese etneo, lontano dal centro. Mi reputo italiano, senza dubbio, ma ho anche origini istriane. Forse sono troppo anarchico per dare eccessiva importanza alle radici.

Ho fatto. Rifiuto questa frase. Per me ogni esperienza è un punto di partenza. Potrei dire che non ho fatto nulla – Vlady accenna una risatina, ma è serio.

Vorrei fare. Vorrei creare installazioni in un paesaggio. Vorrei creare Land Art. Vorrei conoscere persone fantastiche. Vorrei piantare alberi.

Su queste parole si chiude la conversazione telefonica con Vladyart che ci ha fatto conoscere, con le sue ironiche e pungenti risposte, il modo peculiare che ha di guardare alla vita e all’arte. Per chi volesse conoscere meglio Vladyart e le sue opere,  deve solo collegarsi al sito vladyart.com.