Tony Scott (1921-2007) è stato, insieme a Bennie Goodman e Buddy DeFranco, uno dei più grandi clarinettisti al mondo. Alla sua vita disperata, complicata, una vera e propria “tempesta perfetta”, Franco Maresco, il regista palermitano, ha dedicato Io sono Tony Scott. Ovvero come l’Italia fece fuori il più grande clarinettista del jazz, un documentario ironico e amaro.
Certi fallimenti, nell’universo, splendono come fulgide stelle all’insegna di uno spirito che sceglie la follia piuttosto che adeguarsi alla mediocrità che lo circonda. Non è facile perdersi quando si possiede un eccezionale talento. Occorre una protervia nel fare sempre e comunque la scelta sbagliata che richiede un vera e propria disciplina.
Tony Scott nasce Anthony Joseph Sciacca ed era chiamato dalla nonna “Ninuzzu bidduzzu”. La sua famiglia era originaria di Salemi, un piccolo paesino della Valle del Belìce poi distrutto dal terremoto nel 1968.
I genitori, in USA, vivevano agiatamente tanto che poterono mantenere il piccolo Anthony agli studi e tornare periodicamente in Sicilia. Fu proprio nell’isola che scoppiò l’amore di Tony per la musica. Uno zio, come capita spesso nell’isola dai mille campanili, era una piccola celebrità locale: maestro di musica e direttore della banda; adattava e componeva brani musicali per le immancabili feste del paese.
Al bambino fu messo in mano un clarinetto e da quel momento non lo abbandonò più. Diplomatosi alla famosa Juilliard School di New York, Tony Sciacca decise di cambiare il suo nome in Scott, visto che nessuno, in America, riusciva a pronunciare il suo cognome in un modo comprensibile e cominciò a lavorare nei club di jazz dell 52ª Strada e lì conobbe Billie Holliday, Lady Day, il Jazz incarnato in una donna, e Charlie Parker, Bird, che trasformò totalmente il modo di suonare inventando il bebop. Tony non fece suo lo stile di Parker, ma, come sottolinea Maresco, ne introiettò l’anima riuscendo lui, bianco, a sondare il male di vivere insito in quelle note strappate alle proprie viscere.
Morti i suoi amici e idoli, distrutti dalle droghe, Scott si sposta in Oriente iniziando una peregrinazione che lo porterà per il mondo. Aveva abbandonato New York e la fama che gli aveva fruttato anche un bel po’ di soldini avendo arrangiato Banana Boat Song e Matilda che vendettero milioni di copie in tutto il mondo. Harry Belafonte, l’interprete, l’avrebbe voluto quale direttore d’orchestra con un contratto a molti zeri, ma Tony era stufo di un scena musicale senza anima e decise di recarsi in Giappone dove, in collaborazione con musicisti di strumenti tradizionali, pubblicò Music For Zen Meditation And Other Joys, il primo dei suoi molti capolavori e il primo disco, nella storia, di musica etnica.
Un’esperienza traumatica vissuta a Giacarta, dove fu scambiato per un agente della CIA e torturato per giorni, aggravò il malessere di Tony che decise, dopo anni, di tornare in patria. Trovò il suo paese molto cambiato.
Qui prese una decisione che, secondo Maresco, gli fu totalmente fatale. Sentendosi siciliano e volendosi avvicinare alla sua patria elettiva, Tony decise di partire con la famiglia per vivere a Roma.
In Italia, possiamo dire amaramente, il suo talento non interessava nessuno. Oltretutto, gli anni Settanta furono un’epoca, in Europa, in cui l’ideologia dettava legge in una misura che oggi ci sembrerebbe inconcepibile e ridicola. L’Italia presentava questo fenomeno ad un livello abnorme aggravato dal terrorismo rosso e nero. Cosa capisse il povero jazzista di quel guazzabuglio non è dato sapere, ma non poteva sospettare che il suo vestirsi di nero e il preferire gli stivali alle scarpe lo avevano fatto subito classificare come fascista.
Nei decenni successivi, Tony Scott percorse in discesa tutti i gradini della scala sociale fino a ridursi come un barbone e solo l’aiuto di amici e l’amore di una compagna gli permisero, negli ultimi anni, di trovare un tetto e una vita più ordinata. Ma, nonostante tutto, non smise mai di comporre e produrre capolavori tra i quali African Bird Come Back! Mother Africa To The Spirit Of Charlie Parker (1984), dedicato al suo indimenticato amico, una ricerca con musicisti africani alle radici del Jazz. Lush Life (1996), una sola melodia suonata in dodici tonalità diverse, testimonianza di un talento e di un virtuosismo senza limiti.
Tony Scott è sepolto a Salemi.