Sigmund Freud in Sicilia

Dal 6 al 26 settembre 1910, Freud, in compagnia di un amico, decide di lasciare la famiglia e di andare a vagabondare al Sud. Sentiva, molto forte, il richiamo verso i luoghi della mitologia e della storia antica. Da Roma, passando per Napoli, giunge a Palermo. L’impressione del turista è molto lusinghiera: «città  elegante, pulita, estremamente ricca di edifici e dotata di tutto quanto si possa pretendere, quasi come Firenze». Dopo aver, con grande entusiasmo, visitato i celebri capolavori normanni della città, si sposta a Monreale per una breve gita. Ma il fatto più interessante è che, in una lettera alla moglie, confessa di aver nutrito delle preoccupazioni che «in Sicilia si sia per cosi dire fra selvaggi ed esposti a straordinari pericoli». Conclude in modo abbastanza saggio « Si hanno le stesse sensazioni e le stesse condizioni di vita che ci sono a Firenze o a Roma. Per lo meno a Palermo è così», avanzando qualche dubbio sulle città in provincia che, ovviamente, non conosce.  Arrivati a Castelvetrano in treno, Freud e il suo amico sono talmente animati da uno straordinario fervore per l’arte classica e i suoi magnifici resti da essere disposti a percorrere la distanza tra Castelvetrano e Selinunte a bordo di un rozzo carretto. Cinque ore tra l’andata e il ritorno! Ma il tempio, posto in un luogo solitario, li lascia in una condizione di sbalordito stordimento. Freud è talmente entusiasta del viaggio da cominciare a provare sensi di colpa verso la sua famiglia.  Perché non è divenuto un facoltoso industriale in modo da far godere a sette persone «un tale splendore di colori, profumi, vedute e benessere mai avuti tutti in una volta»? Avendo scelto di essere un medico, ahimé, non potrà mai permetterselo.  Ma, non avendo inventato per caso la psicoanalisi, il caro Sigmund conclude con un capolavoro di autoassoluzione «Per cambiar mestiere è ormai troppo tardi e quindi continuo a godermela io egoisticamente da solo» aggiungendo, per indorare la pillola, « ma in fondo con rammarico». Postilla a cui non si crede affatto.

Lo scirocco, proverbiale, a Siracusa mette i due amici a dura prova, ma, chiosa Freud,  «fra i tesori del museo abbiamo dimenticato tutto», una frase che fa il paio con  «Siracusa è stata ancora stupenda, ma il mio talento edonistico è appagato. Ho visto talmente tante cose belle, grandiose, uniche».  Dopo un ultimo sguardo  alla Fonte di Aretusa  e al mare celato solo da un’altissima palma, Freud inizia la lunga via del ritorno verso Vienna.