Liborio Capizzi è nato a Ribera giusto in tempo per essere il più stretto collaboratore di Gianfranco Ferré (1944-2007) per sedici anni. Vivere a stretto contatto e condividere la creatività di uno dei più grandi maestri del Made in Italy ha segnato, con forza, le scelte di vita e quelle di lavoro dello stilista siciliano. Dopo la scomparsa del suo Mentore, ha dovuto volare via da Milano e dall’Italia per fare spazio dentro di sé a nuove esperienze e a una vita senza il suo punto di riferimento. Dopo anni di vagabondaggio in giro per il mondo, il caso gli ha fatto incontrare Giorgia, la figlia di Franco Mattioli, il partner finanziario Di Ferrè ed ecco che la voglia di rimettersi in gioco è ritornata in modo prepotente. La scommessa non era semplicemente quella di creare un nuovo brand tra i milioni esistenti ma Diliborio, una «highly innovative formula, sophisticated but effective, with authentic winning power against the sell-out of the retailers”. Dal 2013, il marchio Diliborio è pensato secondo tre Weltanschaung: Etichetta rossa, pret- à- porter di lusso. Etichetta bianca, customer centred; Etichetta nera, il vintage rivisitato dall’estro di Liborio, producendo pezzi unici e non convenzionali. Ma il genio dello scenografo prestato all’arte non trascura l’uomo. Esiste una collezione declinata al maschile, formata da pezzi sartorialmente perfetti, ma con un tocco di follia nell’accostamento dei materiali e delle soluzioni inedite. Questa esplosione di creatività, nello studio situato a Porta Nuova, non è passata inosservata dando un certo twist all’ambiente della moda italiana che, con la scomparsa o il ritiro dei grandi vecchi, fatica a trovare figli all’altezza di tanta creatività e senso del proprio tempo.