Francesco Foti, catanese, è attore di teatro, di cinema e di TV, sceneggiatore, cabarettista, musicista e anche DJ. Un talento spumeggiante che non vuole limiti e cerca sempre nuove sfide. Ospite alla Corte dei medici ci racconta la sua formazione e le sue nuove frontiere, sottoponendosi al consueto rituale delle domande estratte a sorte.
Formazione. Sono figlio di genitori emigrati “contromano”. Mio padre era nato a Trieste. Mia madre a Milano. Io a Catania. Ho frequentato, senza alcuna convinzione, la Facoltà di Economia e Commercio, arrivando ad un passo dalla laurea. Ma sapevo che quel percorso non mi apparteneva. Cercavo altro anche con frenesia: mi piaceva la musica; suonavo la batteria e lavoravo come DJ in una nota discoteca. Frequentavo la Bottega di Padre Ubu di Edo Gari, un regista-magistrato, il mio primo maestro. In famiglia avevo fama di incostante, ma non lo ero. A 25 anni, ho deciso: avrei tentato la selezione per la Scuola di Teatro Paolo Grassi a Milano e, incredibile, ho superato il concorso. Da lì è iniziato un apprendistato che, credo, non finirà mai, perché sono curioso e mi piace studiare e imparare – Francesco Foti ha modi da timido, ma un sorriso irresistibile – . Il mio primo film, Fuori dal mondo, l’ho girato con Giuseppe Piccioni. Ho incontrato, in metro, un’insegnante della scuola di teatro e, voilà, ho avuto una piccola parte. Ma non è sempre così facile – Francesco precisa – . Ne ricordo un altro, recente, Ti sposo, ma non troppo, molto divertente, grazie al quale ho avuto delle recensioni veramente lusinghiere. Il mio personaggio, devo dire, mi ha permesso di passare attraverso tutti i registri: comico, sentimentale, drammatico. Un’occasione unica! In Squadra antimafia, invece, ero un avvocato senza scrupoli, sbruffone all’inizio, ma poi sempre più consapevole di essere un fantoccio nelle mani di altri.
Un altro fondamentale momento della mia carriera sono stati gli anni con i Cavalli marci. Un gruppo di dieci comici-musici-cantanti (ne hanno fatto parte anche Luca e Paolo), diretto da Rufus (Claudio Nocera ndr), che ha scritto una pagina indimenticabile del teatro italiano per un decennio. Sono stato con loro un paio di anni. Ma ho capito di non voler fare il comico a vita. Volevo ampliare la mia esperienza. Nel 2014, c’è stata una reunion per pochi spettacoli. Ho aderito con entusiasmo e non escludo di partecipare ancora, altri progetti permettendo.
Fai un disegno. Francesco schizza velocemente una barchetta da pesca con sopra delle figure. – Sono stato a Vulcano, quest’estate, e ho pescato dei pesciolini molto gustosi insieme ad una coppia di amici –.
Musica. Sembra incredibile, ma è vero, ho lavorato come DJ all’Empire e animavo le serate rockabilly e sono diventato sordo a furia di suonare la batteria. Non avevo un gruppo. Suonavo da solo. All’epoca, ascoltavo musica di continuo e devo ammettere che questa passione continua ancora oggi.
Roma. Non sono particolarmente legato ad una città. Vivo tra Milano, Roma e Catania. Sono luoghi diversi con energie differenti. Ma sto bene dove sto. In questo senso, non sono un sentimentale.
Errore. Sono poco portato per le pubbliche relazioni. Non telefono per interesse. Non mi promuovo. Non vorrei dare l’impressione di essere uno che se la tira, tutt’altro! – Francesco assume un’aria innocente e sorniona allo stesso tempo –. Sono – uso un termine forte – un po’ un mentecatto. Mi dimentico tutto. Non si contano più le prese in giro dei miei amici e della mia famiglia.
Vorrei fare. Ho un progetto, da produrre a breve, che parte dal materiale che ho accumulato per scrivere Niuiòrc Niuiòrc, lo spettacolo teatrale che mi ha dato tante soddisfazioni. Lo vorrei trasformare in un libro, in un docufilm e in un sito web. Ho una gruppo che mi sta aiutando – non amo chi dice “tutto io faccio” (Francesco usa un marcato accento siculo per sottolineare l’egocentrico personaggio) – per scrivere la sceneggiatura. Questo monologo nasce dal mio primo viaggio da solo. A 40 anni, avevo chiuso una relazione importante ed ero senza lavoro. Sono saltato sul primo aereo diretto a New York. Non mi aspettavo nulla. Ma è successo tutto. Molti mi chiedono cosa ho trovato di diverso a New York rispetto all’Italia. Dico sempre che ho incontrato un altro me stesso. Avevo portato con me un quadernetto e ho iniziato a scrivere le impressioni della giornata. Da quelle pagine, attraverso un lavoro di drammatizzazione, è nato lo spettacolo, è vero, ma è venuta fuori anche una nuova consapevolezza. Ho trovato il modo di dare voce ad altre parti della mia personalità, a conoscermi meglio, ad avere più consapevolezza dei miei mezzi. Dopo il primo viaggio, sono tornato tante volte. Ho anche avuto anche la soddisfazione di rappresentare con successo il mio lavoro proprio in quel luogo dove tutto è cominciato per ben due volte: nel 2013 e nel 2015!
Canta una canzone. Dallo spettacolo Venti Fotici (non è L’ultima follia di Mel Brooks, ma quasi ndr) ecco a voi Niki Raudo che canta Chi fermerà la musica – l’intervista si interrompe per cause indipendenti dalla nostra volontà (leggi risate) -.
Famiglia. Ho sempre avuto un ottimo rapporto con i miei genitori. Loro non credevano, all’inizio, che volessi fare l’attore. Dopo Milano, tuttavia, hanno capito e non mi hanno ostacolato. Anzi, col tempo sono diventati dei veri fan! Mio padre era orgoglioso e leggeva le recensioni, sottolineandone la lunghezza. Non ho avuto una vocazione. Non ero un attore da bambino. Non ero (e non sono) per nulla bugiardo. In effetti per fare l’attore – Francesco esita leggermente – devi essere sempre sincero. Se menti, lo spettatore lo capisce e non ti presta più attenzione.
Su queste parole, si conclude il nostro incontro con Francesco Foti. L’attore replicherà, a Catania, il suo spettacolo Niuiòrc Niuiòrc, evento che vi consigliamo assolutamente di non perdere.