Le mummie siciliane da tempo sono oggetto di studi antropologici e storici legati alla Storia delle mentalità. Oltre ai resti mummificati conservati presso le catacombe dei Cappuccini di Palermo, ricordiamo quelli di Comiso (Ragusa), di Piraino e di Savoca (Messina), di Burgio, di Caccamo e di Gangi (Agrigento). Le mummie siciliane sono il risultato di un particolare trattamento, senza eviscerazione, ottenuto per essiccamento del corpo in condizioni microclimatiche favorevoli . Il processo di mummificazione in Sicilia, in genere, prevedeva che il cadavere venisse posto in una stanza ventilata, il “colatoio”, per dreanare i liquidi e riempito, in seguito, con paglia o foglie d’alloro. Dopo un periodo più o meno lungo, il corpo trattato era disinfettato con l’aceto, vestito a festa e posto in una teca o appeso al muro e tenuto in piedi con dei bastoni posti posteriormente.
Ad essere sottoposto a questa prassi erano, di solito, i corpi degli ecclesiastici, in particolare, quelli dei i padri cappuccini, veri maestri nell’arte dell’imbalsamazione. Ma l’usanza, nel tempo, si estese anche alle spoglie di esponenti della nobiltà e a quelle del ceto medio. La pratica in questione fu di lunga durata. È documentata dal XVI secolo (ma si ritiene che le sue origini dossero più antiche) ed è sopravvissuta fino ai primi decenni dell’Ottocento, quando il governo borbonico impose la sepoltura dei defunti in appositi camposanti lontani dalla città.
Alla mummificazione “naturale” si aggiunse nell’Ottocento l’uso di sostanze chimiche che miravano, con maggiore o minore successo, a bloccare il deterioramente dei tessuti molli e a mantenere, in modo abbastanza accettabile, l’aspetto originario del defunto. L’esempio più famoso, tra questi ultimi, è quello di Rosalia Lombardo, una bambina di due anni, morta nel 1920 per un’infezione ai polmoni, posta in una teca presso le Catacombe dei Cappuccini a Palermo. Fu il padre a commissionare all’imbalsamatore Alfredo Salafia la pratica conservativa. La piccola Rosalia è rimasta uguale ad allora e, per il suo aspetto e la sua espressione naturale, è stata definita la Bella Addormentata. Secondo le ricerche condotte in anni recenti Salafia utilizzò una miscela di formalina, glicerina, sali di zinco, alcool ed acido salicilico a cui aggiunse paraffina per mantenere l’aspetto del viso fresco e naturale.
Gli studiosi sono convinti che, se studiate in maniera corretta, le mummie possono essere preziose e svelarci l’alimentazione, le malattie, le abitudini e gli stili di vita del tempo in un modo finora non prevedibile. Sono in corso due ricerche finanziate dall’EURAC di Bolzano e dall’Università di Pisa i cui studiosi, con tecniche all’avanguardia, cercano di analizzare e preservare questi reperti resi sempre più fragili dall”avanzare del tempo e dalle mutate condizioni climatiche.