Giovanna Nastasi alla Corte dei medici

Giovanna Nastasi, autrice del volume Le Stanze del piacere (Algra Editore, Catania, 2018), è venuta a trovarci alla Corte dei medici per parlare del suo ultimo romanzo. Un’opera erotica che diventa, per la protagonista, un viaggio alla riscoperta di sé e della propria femminilità.

Giovanna, qual è stato il tuo esordio letterario?

Da ragazza, vivevo a Scordia e lì ho conosciuto Salvo Basso, un poeta e un uomo straordinario, un amico di cui non smetterò mai di rimpiangere la perdita. Mi ha spinto a scrivere e ha pubblicato alcune mie poesie. Ho esordito poi in un’antologia curata da Mario Grasso su autori siciliani contemporanei.

Come ti sei avvicinata al tema dell’erotismo?

La risposta che ti sto per dare non credo sia quella che ti aspetti (Giovanna ride, scuotendo i suoi folti ricci rossi). Può sembrare incredibile, ma devo tutto a Marzamemi, un meraviglioso paese in riva al mare. Dopo anni orribili di precariato (che mi avevano devastato facendomi vivere quella che definivo un’eterna partenza senza una destinazione – un’angoscia senza fine-), mi sono come risvegliata. Ho cominciato a vivere una condizione di felicità interiore. Quella specie di coltre nera che avevo dentro si è, finalmente, dissolta. Ero in una splendida natura circondata da armonia. Mi sentivo in pace, all’unisono con il tutto. Godevo di me stessa, anche della mia solitudine, lontana dalla famiglia. Le stanze del piacere vogliono rievocare queste sensazioni. Marta, la protagonista, cerca la sua emancipazione fisica e mentale in una terza via: né in coppia e né con il suo maestro di arte erotica.

Cosa scopre Marta durante tale percorso? 

Scopre che tutto il corpo parla una lingua che deve essere imparata. Questa via, verso l’infinito, le permette di superare i suoi tabù.

Il mettersi in gioco con una letteratura di genere come quella erotica non ti preoccupava? Quali modelli di riferimento hai avuto?

Ho letto nel tempo Anaïs Nin, Henry Miller, il marchese de Sade, ma devo dirti che la strada da me scelta è diversa. L’erotismo per me è un aprirsi ad una consapevolezza superiore. È la voglia di sperimentare l’assoluto.

Nel porti la domanda precedente, pensavo più a recenti best seller come Cinquanta sfumature di grigio.

Ma quello è solo un sottomettersi. La protagonista trova la felicità, ma solo rendendosi schiava del piacere di un altro. Io parlo invece di eros, una via che, attraverso il desiderio, apre le porte della conoscenza. Questo processo passa anche attraverso la frustrazione. Desidero, ma cosa desidero? Bisogna trovare la soluzione a tale enigma.

Nella tua scrittura allora il piacere femminile è al centro, è una rivendicazione? 

Non da istituzionalizzare, per carità. Ma credo che l’erotismo al femminile sia creatività, emozione, intuizione. Ad una certa età avviene il passaggio verso la consapevolezza.

 Ancora oggi, secondo te, le donne hanno difficoltà nel rapportarsi con la sessualità?

Credo che per molte di noi l’errore principale sia la visione salvifica dell’amore. Bisogna tenere separati i due aspetti.

Ma negli incontri tra Marta e il suo maestro cӏ emozione, a quanto ho letto.

Direi che, più precisamente, c’è la cura dell’altro, ma non è amore. Loro non sono una coppia e non lo saranno mai. Ma nei momenti in cui si incontrano c’è uno spazio di erotismo, di spiritualità, di energia che rende quelle ore dense di significato.

Chi è Danilo per Marta?

È il catalizzatore di un’esperienza che si risolve e la rende più libera e pronta ad affrontare nuove sfide in modo consapevole. Questa terza via, questo terreno dell’eros si manifestano ogni tanto, ma poi scompaiono lasciandoci rigenerati.

A chi ti sei ispirata per il personaggio di Marta?

Marta mi somiglia nel processo di evoluzione, nella sua voglia di scoprire, nella sua libertà. Lei scrive, è una giornalista, altro punto in comune con me. Mi sembra che abbia anche lo stesso bisogno di essere padrona di sé.

Chi è Danilo, il maestro di eros? È reale o è una proiezione delle tue fantasie erotiche?

Giovanna si apre ad un bel sorriso, mentre gusta un’ottima insalata – Potrei dire, alla Jung, che Danilo è il mio Animus, la mia parte maschile.

Il compagno di Marta è un esempio negativo di amante che non riesce a comprendere i bisogni dell’altro

Mi sono ispirata a racconti di amiche. Molti uomini non capiscono che, a volte, per una donna un bacio o un abbraccio sono più importanti. L’atto sessuale in sé, senza quella cura di cui ho detto prima, è raggelante.

L’eros è fluido, abbiamo detto, è energia.

Molte coppie vanno in crisi perché non si rendono conto di quest’andamento fluttuante, non lo assecondano. Perdono la capacità di comprendere la libertà dell’altro. Si arriva alla cristallizzazione di un rapporto.

Questa paralisi dei sensi porta alla fine di molte relazioni. Non credi?

Molti uomini e donne si vedono come dei surfisti:  cercano sempre l’onda più alta per provare emozioni sempre più intense. Bisogna invece essere dei subacquei per lasciare la superficie e scendere nelle profondità di una relazione.

Nel XXI secolo, siamo circondati da espliciti richiami sessuali a tutte le ore, nei film, nella pubblicità, su Internet, ma il sesso agito, reale è il grande assente.

È verissimo! Uomini e donne, anche giovanissimi, lamentano una caduta totale del desiderio. Ma questa circostanza dipende dalla fine dell’ambiguità. L’eros vive in una dimensione di attesa. È un alternarsi di vuoto e pieno. Anche di una messa in scena che favorisca il desiderio.

Questa dimensione dell’eros di cui parli nel libro non sembra alla portata di tutti

Se continui a vedere l’eros come semplice contatto di corpi è chiaro che non scoprirai mai questo aspetto.

Lo scrittore deve essere spudorato?

Sì, non ci possono essere filtri. Se ti autocensuri, non sei ancora pronto. Molti lettori dicono che la mia scrittura è stata terapeutica per loro.

Non abbiamo parlato dello stile che hai scelto per narrare questa vicenda

Lo stile narrativo è volutamente semplice, senza particolari artifici. È il tema ad essere complesso: narrare di erotismo veicolandolo attraverso i cinque sensi.

Qual è il senso, allora, più importante per Giovanna?

Ti rispondo, quasi senza riflettere, la vista e poi il suono.

Come mai proprio la vista?

La mia scrittura nasce da un’attenzione ai dettagli. Sto scrivendo un nuovo racconto, ad esempio, che è nato da una visita ad una villa. Passeggiando attraverso i saloni ho notato, nascosto, un piccolo quadro: ritraeva una donna bellissima di cui i padroni di casa non conoscevano la storia. Nella mia mente è nata una trama intorno alle sensazioni suggeritemi dalla vista di quel volto.

Sei sposata, hai dei figli e un lavoro. Ma quando scrivi?

Io vivo due vite: in una, sono Giovanna, moglie e madre, magari imperfetta, ma con un grande entusiasmo. Nell’altra, sono Giona (non a caso questo pseudonimo) che scrive sempre, anche quando, in apparenza, fa altro. Posso scrivere in qualsiasi contesto. Non ho bisogno di isolarmi. Ho come un’urgenza. Prendo gli appunti a penna, poi utilizzo dei foglietti. Magari mio figlio mi chiama. Lascio il filo dei pensieri ma, con tranquillità, ricomincio magari ore dopo.

Come vive la tua famiglia questa passione totalizzante?

I miei figli, fin da piccoli, sono stati in generale rispettosi. Mi disturbano poco.

E tuo marito?

Mi sostiene tanto e mi aiuta nella vita quotidiana ma..

Ma…

(Giovanna abbassa la voce e arrossisce) Credo abbia paura di perdermi a volte. Che questa passione ci possa allontanare.

Cos’è la famiglia per Giovanna?

Lo dico con semplicità: è la mia Itaca, mi dà equilibrio. Mio marito è molto comprensivo, mi ha aiutato in anni molto difficili per me, è discreto. Mi sa stare accanto

È orgoglioso di te?

Lo è ma, a volte, è spaventato senza motivo. Gli devo tutto. È un vero compagno.

Su questa nota molto tenera rivolta ad Aldo (marito dell’autrice ndr) si chiude la nostra intervista a Giovanna Nastasi che ringraziamo per la sua disponibilità e la sua gentilezza.