Farm Cultural Park: un bilancio dopo 8 anni

Camminando sul corso principale di Favara, bandiere svettanti annunciano l’arrivo alla meta: Farm Cultural Park è alla nostra destra. Infilato il vicolo che conduce ai Sette Cortili ci troviamo di fronte ad un colorato muro rosso  che guida alla Galleria  d’arte XL, cuore pulsante della Farm, biglietteria, spazio espositivo e sede delle molteplici attività progettate da Salvator John Liotta, favarese doc, ma ormai di stanza a Parigi dove ha fondato con due socie LAPS Architetture.

Al desk, incontriamo Giusi Santino, giovane, ma  storica collaboratrice di Farm Cultural Park  a cui chiediamo di raccontare la sua esperienza.

Collaboro con Farm Cultural Park da molto tempo. Da quando hanno aperto, Andrea e Florinda hanno portato avanti un’opera di sensibilizzazione intorno alla Farm . Hanno cercato di coinvolgere gli abitanti. All’inizio, c’era diffidenza. Ma ad Andrea Bartoli non interessava un progetto privato, avrebbe potuto acquistare opere di arte contemporanea e tenerle in casa!  Per lui la vera differenza era la condivisione.

Ha cambiato la tua vita  l’incontro con la Farm?

Devo dire di sì. Studiavo all’Università. Vivevo fuori,  a Pisa  per l’esattezza, e ho deciso di tornare a Favara – una decisione non facile –  È una scelta che ho portato avanti per l’impatto sociale che questa esperienza stava avendo. Chi entra in questo luogo prova stupore e curiosità perché, da un lato, c’era e c’è un defrado innegabile, ma, dall’altro, si vede un’energia diversa, una maggiore cura del territorio. All’inizio gli abitanti di Favara erano sorpresi dalla curiosità che si era sollevata intorno a loro. Molti hanno saputo crederci: hanno aperto delle attività: B&B, ristoranti e altri localini. Non è che gli abitanti prima fossero inerti ma investivano in altri luoghi come Agrigento o al mare.

Al Farm Cultural Park, abbiamo aperto una scuola di architettura per bambini, Sou, che è la seconda al mondo (la prima si trova a Tokyo). È frequentata da 26 bambini che vengono, in generale, da zone limitrofe ma alcuni anche da comuni distanti. Hanno avuto come docenti i migliori architetti che ci sono in Italia e in Europa. Lo scopo della scuola non è certo quello di formare giovani architetti in erba, ma cittadini attivi e consapevoli attenti allo spazio.  Ogni anno organizziamo anche OPP, un festival per gli studenti di tutte le scuole per la fascia di età tra i 13 e i 18 anni, la più trascurata, a cui offriamo corsi per diventare dj e corsi di scrittura creativa. Le scuole, devo dire, ci hanno seguito e hanno aderito. Abbiamo degli sponsor quali Frau e una collaborazione con il Politecnico di Milano.

Mentre lasciamo Giusi al suo lavoro, entra in biglietteria la signora Maria,  85 anni, meglio nota come la Regina dei Sette cortili, che,  sintetizza, in poche parole, l’esperienza di Farm in un icastico” Prima non veniva nessuno. Ora è pieno di gente! »

Altro collaboratore della Farm è Rosario Castellana.

Avevo iniziato un’esperienza di volontariato con un’associazione e ho frequentato un corso regionale. Nel 2014 sono entrato in Farm con un contratto regolare e questa circostanza ha cambiato la mia vita.

L’ha cambiata perché ha allargato il senso del possibile a Favara. Nessuno investiva qui. Oggi molti hanno accettato la scommessa di Andrea Bartoli  su questo territorio. Nell’ultimo anno  sono passate 150.000 persone e 15.000 hanno visitato la Farm. Chi ha letto la Lonely Planet e ha la possibilità fa un salto da noi. In generale, bisogna combattere il turismo mordi e fuggi. La Sicilia è molto vasta e la viabilità non aiuta. Il tempo a disposizione è scarso. Bisogna cambiare questa prospettiva con  un nuovo approccio al turista. Farm Cultural Park è un contenitore. Accadono sempre cose nuove. Devi rimanere qui qualche giorno.

Di cosa ti occupi?

Mi occupo dell’accoglienza ai turisti, della pagina Facebook.

Che sviluppo può avere la Farm?

Le possibilità, a mio parere, sono infinite. So solo che non sarà semplice.

Due occhi sornioni hanno guizzato durante questa intervista. Appartengono a Lorenzo, 11 anni, è uno degli studenti della scuola di Architettura. Partecipa con entusiasmo a tutte le attività della Farm, ma non si sbilancia troppo. Ammette di essere contento per i nuovi amici, ma ricorda un’epoca (forse) in cui era più facile giocare a pallone nei Sette Cortili vuoti.

Maria Cristina di Carlentini circa due anni fa ha fatto uno stage presso la Farm, avendo conseguito un master alla NaBA.

Come ha cambiato la tua vita lavorare alla Farm?

Ho avuto contatti con ogni tipologia di persone con formazioni, esperienze, bagagli culturali diversi. Senza dubbio ha migliorato la mia capacità di relazione.

Cosa ti ha stupito in Farm?

Il genio creativo di Amdrea Bartoli e Florinda Saieva. Loro vedevano qualcosa, fin dall’inizio, di fantasmagorico.

La reazione della gente, all’inizio, era di incredulità, incomprensione. Ora è tutto cambiato. I giovani sono più coinvolti ovviamente.  Assistono agli spettacoli. Rimangono a Favara di sera e girano in un centro che  è vivo e pieno di locali interessanti.

Com’è il rapporto con chi vive all’interno dei Sette Cortili?

Loro fanno parte della famiglia della Farm. Sono i simboli dell’antico quartiere.

Come vedi Farm tra 10 anni?

Per me Farm diventerà un vero polo di creatività, di arte, di divulgazione in particolare per i bambini.

Pensi di continuare questa collaborazione?

Sì, perché vorrei migliorare e accrescere le mie capacità professionali.

Mi sento particolarmente coinvolta nel progetto della Scuola di architettura per i bambini che li rende sensibili al bello. Farm fa incontrare la gente. È  un’esperienza.

Matteo Fiorenza lavora presso il castello di Favara.

Ha cambiato la mentalità dei favaresi

Ignazio Monreale anche lui lavora presso il Castello di Favara.

Quando Farm ha aperto ero molto scettico. Ma Andrea Bartoli, con la sua capacità e intelligenza, ha vinto questa diffidenza.

Al Castello hanno organizzato FUN (Favara Urban Network) e ho capito che stava funzionando. Ho aperto un ristorante e un B&B (Community, 3385292267) e sono molto felice del mio investimento. Ora incoraggio altri amici  ad investire a Favara.

Quale è stata la chiave del successo?

Hanno saputo utilizzare bene i media e hanno promosso Favara. Quando hanno iniziato, ero andato a curiosare ai Sette Cortili, un quartiere di origine araba.  Ho cominciato, man mano, a vedere un certo flusso di turisti e ho capito che era un successo. Veramente un impatto straordinario.

Come vedi Farm Cultural Park tra qualche anno?

Spero in una maggiore sintonia con la pubblica amministrazione. Si potrebbe organizzare una manifestazione in sinergia con il Comune. Finora l’amministrazione è stata a guardare.

Incontriamo in piazza Jessica e Alessia, entrambe 16 anni, studentesse.

Partecipate alle attività di Farm Cultural Park?

Abbiamo partecipato con la scuola. Ma la piazza è cambiata da quando c’è il Farm. È più curata.

Cosa pensate di fare dopo la scuola?

Andremo all’Università per continuare a studiare.

Finora convitati di pietra, cosa hanno in mente i vulcanici Andrea e Florinda  per il 2018?  In un pranzo di fine anno a cui abbiamo avuto il piacere di partecipare, discutono di un enorme spazio per bambini con un teatro, un cinema, una cucina, una strada per simulare il traffico urbano,  e tanti altri luoghi  in cui i piccoli possano ri-creare le loro esperienze attraverso giochi di ruolo per imparare a vivere non solo in questo mondo ma anche in uno migliore immaginato da loro.

Farm Cultural Park  ha solo 8 anni e vuole farne  di strada!