A cena con Nadia Brodbeck

Stasera abbiano nostra ospite alla Corte dei medici Nadia Brodbeck (Catania, 1979), direttore, insieme al padre Paolo, dell’omonima Fondazione nata a Catania nel 2009. Nucleo del progetto è la notevole collezione di arte contemporanea posseduta (Carla Accardi, Franco Angeli, Piero Dorazio, Piero Guccione, Renato Guttuso, Mimmo Paladino, Paolo Parisi, Mimmo Rotella, Piero Ruggeri, Antonio Sanfilippo, per citarne alcuni) a cui si affiancano la residenza per gli artisti e  i programmi didattici rivolti alle scuole e al pubblico. I progetti in residenza portati avanti dalla Fondazione, dal 2009 al 2012, sono  Fortino1  e Cretto  (Michael Beutler, Seb Koberstädt, Christian Andersson, Diego Perrone, Paolo Parisi e Luca Vitone). Dal 2015 al 2016 sono state  in residenza Esther Kläs (Our Reality) e Viola Yeşiltaç (Bastard Pears & Barricades). La Fondazione ha anche ospitato, all’interno del progetto espositivo Unfinished Culture, la mostra Indigenation (Federico Baronello) sulle migrazioni di massa e Makes, Remakes and Unmakes (Mauro Cappotto) su Berlino, il muro e gli osservatori di legno oltre il muro.

Famiglia. Il padre di mio nonno è venuto a Catania, ai primi del Novecento, dalla Svizzera in una sorta di emigrazione al contrario. All’epoca, la sua patria aveva poco da offrire ad un giovane.  Era più che altro un paese agricolo. Molti ragazzi andavano via per cercare di far fortuna in altri Stati d’Europa nei quali la crescita di una vivace borghesia  apriva nuovi mercati. Il nonno iniziò, in seguito, la vendita degli articoli idrosanitari da cui è partito un altro capitolo della nostra saga familiare. Dopo la morte di quest’ultimo, mio padre ha continuato l’attività alla quale, nel tempo, si è aggiunta la  passione per l’arte contemporanea. Grazie a Franco Collica e alla sua Galleria Cefaly è cominciato un viaggio che non si è più fermato. Quello di mio padre è stato sempre ed è  anche adesso un atteggiamento di scoperta e non di giudizio. Nel momento in cui ha deciso di aprire la Fondazione, ha iniziato a coinvolgermi e, devo dire, la mia vita è cambiata!

Roma. Stiamo iniziando ad avere rapporti con il MIBACT perché, da tre anni, facciamo parte di un comitato di Fondazioni private. Ci ha coinvolto Patrizia Sandretto Re Rebaudengo, una donna eccezionale, presidente dell’omonima Fondazione torinese. Vorremmo creare una rete che raccolga le esigenze di realtà come la nostra che portano avanti sul territorio un certo tipo di attività culturale. Insieme siamo più forti – Nadia è bionda e diafana,  ma dietro questo aspetto fatato si intravede una tempra notevole – e possiamo avanzare delle proposte.

Vorrei fare. In primo luogo, vorrei che la Fondazione si autofinanziasse.  Immagino la struttura in via Gramignani  divisa in una parte più turistica, con una  vera e propria area recettiva, e un’altra dedicata, invece, agli artisti e alle botteghe, un spazio di coworking in collaborazione, magari, con le grandi istituzioni museali private e non in tutto il mondo.

Ho fatto. Sono entrata nel mondo dell’arte con un grande desiderio di conoscere e di imparare. Dal 2009, condivido questa impresa con mio padre. Una grande avventura! – Nadia sorride fiera – (nel frattempo arrivano le pizze appena sfornate e ci soffermiamo ad assaggiarle).

Uomo. Per me gli artisti non hanno sesso. Sono tali e basta. Ognuno di loro è diverso. Abbiamo iniziato avendo in residenza solo artisti uomini. Le due ultime ospiti sono state donne. Ma è un caso. Non mi interessa il sesso dell’artista, ma la sua creatività. Se è in linea con la progettualità e la sensibilità della nostra creatura allora lo accettiamo.

Canta una canzone. – Nadia si scatena, appare la bambina monella ben celata in lei – e canta, sorridendo, «Se sei felice, tu lo sai, batti le mani». Di mattina, lavoro con i bambini alla Scuola svizzera e canto sempre insieme a loro. Mi piace tanto. Mio madre, oltretutto, è un’insegnante di musica. Mio marito – Nadia è sposata da 9 anni – suona la chitarra. Tra tutte le arti mi manca solo la danza. Ma con la Fondazione abbiamo stretto un proficuo rapporto con la Compagnia Zappalà. Abbiamo dato vita a delle vere e proprie installazioni e speriamo di collaborare ancora con loro in futuro.

Errore. – Nadia si ferma e riflette con il bel volto fermo e assorto – Non so rispondere. In generale, non penso molto agli errori. Diventano subito un altro punto di partenza. Per rispondere alla domanda, posso dire solo che il mio errore è quello, forse, di farmi coinvolgere troppo – a livello emotivo – nelle attività della Fondazione. Mi butto a capofitto e non riesco a dosare le forze. Ogni volta, mi ritrovo  sfinita e ammalata.

Viaggio. -Nadia si illumina – Più che un viaggio è ormai un rito. Ogni anno, a giugno, vado  con mio padre a Basilea, alla manifestazione dedicata all’arte contemporanea. Sono cinque giorni molto intensi perché ne approfitto per conoscere, per capire cosa c’è di nuovo. Incontro gli artisti, amici vecchi e nuovi.

Arte. Mi dispiace vedere che, spesso, a scuola l’arte sia studiata poco e male. L’arte contemporanea è una sconosciuta (i programmi arrivano ai primi decenni del Novecento, quando va bene), mentre avrebbe tanto da offrire per riflettere criticamente sul nostro mondo, sulla nostra epoca. Gli artisti che ammiro molto sono Matthew Barney e Cindy Sherman, per citarne due, che considero assolutamente geniali.

Follia. Molti pensano che io e mio padre siamo folli a portare avanti un progetto del genere a Catania. Abbiamo anche rilevato una struttura di archeologia industriale (era una fabbrica di liquirizia) molto vasta vicino via Plebiscito, in un quartiere popolare (per cui sogniamo anche un orizzonte diverso) e la stiamo trasformando in un luogo aperto alla città in cui sia possibile dialogare con le diverse anime di quest’ultima. Perché Catania? E’ la mia città. Sono una svizzera catanese. Una contraddizione? Ma quest’ultima è necessaria ad ogni pensiero critico e anche all’arte. Non solo io sono innamorata di questo luogo, ma anche i miei artisti subiscono questo fascino. Devo spesso frenare i loro eccessi. Vorrebbero subito comprare una casa qui. – Nadia sorride, rilassata – Sono stati anni di lavoro molto intensi, ma il bilancio è positivo e vorrei continuare su questa strada. A breve, partirà un nuovo progetto – Nadia è misteriosa e non aggiunge altro -.

La nostra intervista si conclude, a questo punto, con una certa curiosità. Per chi volesse conoscere le attività della Fondazione è possibile visitare la relativa pagina Facebook o il sito omonimo www.fondazionebrodbeck.it.

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